Con l’Ordinanza interlocutoria del 9/11/23 la III Sezione della Suprema Corte rimette alla Prima Presidente – per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite – la questione relativa alla composizione del contrasto che emerge in ordine alla valutazione da dare alla richiesta risarcitoria del locatore nei confronti del conduttore in caso di scadenza o risoluzione del contratto per inadempimento e della conseguente mancata percezione dei canoni fino ad una nuova locazione (o alla cessazione del contratto). Tematica, si avverte, che può coinvolgere anche la disciplina dettata dall’art. 1591 II parte del cc (in tema di cd maggior danno). Indipendentemente dal caso concreto (l’azione era post scadenza del contratto, ma era stata in primo grado dedotta l’operatività dell’art 1591, mentre in appello quella dell’art 1453 cc) si evidenziano due diversi orientamenti.
Un primo ritiene che, ottenuta la restituzione del bene concesso, la mancata percezione del corrispettivo (fino a nuova locazione o fino alla scadenza del contratto in essere) non può costituire “di per sé” una perdita o un mancato guadagno; a meno che il ritardo nello stipulare altro contratto sia addebitabile all’ex inquilino. Per altro, precedente e prevalente, orientamento la riconsegna anticipata per risoluzione può esporre l’ex conduttore anche ad un risarcimento (commisurato alla durata residua) che però compete sempre al giudice quantificare.
L’ordinanza precisa come l’indirizzo prevalente risulti ormai affinato: sia per differenziare l’azione risarcitoria rispetto a quella da inadempimento, sia per la necessaria valutazione di tutte le caratteristiche del caso concreto; quale portato della dovuta distinzione tra danno effetto e conseguenza. Ed è sotto questo aspetto che rileva anche l’art 1591 (II parte) del cc, perché un ritardo nell’obbligo di riconsegna può derivare non soltanto dalla inosservanza della scadenza contrattuale, ma anche da una pronuncia risolutiva.
Sono proprio questi i profili rimessi alla (eventuale) pronuncia delle SU; la divergenza viene, infatti, addebitata alla differente valutazione data al ‘godimento indiretto’ del bene in caso di locazione.
Sembra il caso di aggiungere – essendo necessario valutare la singola fattispecie e l’assolvimento dell’onere probatorio – che il contrasto potrebbe essere più apparente che reale: essendo ormai da tempo acquisita nella giurisprudenza della S.C. la possibilità di ricorrere anche a presunzioni, ma anche superata la tesi del “danno in re ipsa”, con la conseguenza che occorre comunque sempre la dimostrazione, come sopra, del danno conseguenza