Il Tribunale di Firenze chiarisce che, dopo le recenti modifiche normative, il termine di prescrizione dei crediti retributivi non può che decorrere dalla cessazione del rapporto. Solo così il lavoratore non avrà timore di far valere il proprio diritto.
Tribunale di Firenze 16.1.2018 n. 25
La legge cosiddetta “Fornero” ( LEGGE 28 giugno 2012, n. 92 ) ha modificato il testo dell’art. 18 St. lav. limitando ad alcune ipotesi l’accesso alla tutela della reintegrazione. Il successivo decreto sul contratto a tutele crescenti (DECRETO LEGISLATIVO 4 marzo 2015, n. 23 ), per gli assunti dal 7 marzo 2015, ne restringe ulteriormente il campo d’applicazione. Secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale e quella successiva di legittimità solamente la tutela reale rappresenta un serio antidoto contro il presuntivo condizionamento psicologico che subisce il lavoratore nell’ esercitare i propri diritti.
Se solo il lavoratore protetto dalla reintegrazione è effettivamente libero di far valere i propri diritti in corso di un rapporto (“resistente”), esclusivamente a quello può trovare applicazione la regola generale della prescrizione, ossia la decorrenza dal momento in cui la retribuzione è dovuta anche durante il suo svolgimento. Il giudice di merito aderisce alla tesi secondo la quale la delimitazione delle ipotesi di reintegrazione e la generalizzazione della tutela risarcitoria o indennitaria comporta che per tutti i lavoratori varrà la regola dei rapporti “non resistenti”: la decorrenza della prescrizione scatta dal momento in cui si esaurisce il timore psicologico (metus), ossia dalla cessazione del rapporto.
La pronuncia si inserisce in uno scarno, univoco, filone che si è pronunciato in materia dopo le modifiche della l. 92/2012 (v. Tribunale di Milano 2625/2016).
Ferma la congruità della motivazione, occorrerebbe forse rimeditare l’impostazione tradizionale ribadita dai Tribunali di merito, sia alla luce di una giurisprudenza che ha col tempo allargato lo spazio della reintegrazione in via interpretativa (facendo leva sulle ambiguità del “nuovo” art. 18 St. lav.), sia in virtù della profonda trasformazione del mercato del lavoro e delle sue istituzioni con il Jobs Act.
È bene considerare a tal proposito che, una volta a regime, il sistema dei servizi per l’impiego potrebbe garantire una maggiore continuità dell’occupazione (art. 4 Cost.) e reinserimenti più rapidi ed efficienti. Di talché anche in mancanza di reintegrazione non si può escludere una forte riduzione dell’impatto del metus e, pertanto, la riproposizione della regola generale del diritto dei contratti: ossia la decorrenza del termine da quando il diritto può essere fatto valere e anche in corso di rapporto.
Tuttavia un simile cambio di rotta può essere indicato solamente dalla Corte costituzionale, sempre che non venga anticipata da un – imprevedibile – legislatore.