La Suprema Corte si pronuncia sull’onere probatorio (ordinario) della Società che aveva lamentato l’omessa informazione dell’a. d. agli altri amministratori e al Collegio Sindacale sul possibile conflitto di interessi nella nomina di un consulente.

Il fatto.

Una società di capitali, nel rilevare che il proprio amministratore delegato non aveva riferito dei rapporti (di parentela) con il consulente nominato per valutare la convenienza di una operazione di finanziamento a terzi, proponeva l’azione di responsabilità nei suoi confronti, ritenendolo responsabile di inadempimento all’obbligo informativo regolato dall’art. 2391 comma primo e secondo del c.c.

Il Tribunale rigettava la richiesta per difetto di prova del nesso causale e del danno asseritamente provocato dal comportamento del convenuto (vantaggio patrimoniale personale e valutazione prognostica di assunzione di una diversa delibera societaria in caso di assolvimento dell’obbligo informativo), facendo riferimento, come da inquadramento nell’atto introduttivo, alla violazione degli obblighi informativi disciplinati dagli artt. 2391 e 2932 del c.c.; provvedimento confermato dalla Corte di Appello, per improcedibilità dell’impugnazione da parte della Società.

La decisione adottata.

La Cassazione, nel confermare la decisione di primo grado (Cass. n. 14072 del 1 Giugno 2018), ha però  precisato che – anche in caso di inadempimento degli obblighi informativi dell’amministratore delegato  – non v’è alcuna presunzione di responsabilità dell’a. d. con relativa inversione dell’onere probatorio.

L’art. 2391 comma quarto c.c. regola la responsabilità dell’amministratore nei confronti della Società per i danni derivati dalla sua azione od omissione: tuttavia non v’è alcun discostamento dall’onere probatorio ordinario ex art.2967 c.c. in base al quale la Società dovrà fornire prova della utilità ricavata dall’amministratore dal compimento di tale operazione. I primi tre commi dell’art. 2391 c.c. regolano gli obblighi, le procedure deliberative ed i rimedi in caso di decisione invalidamente assunta, ma la responsabilità per i danni è individuata in quello successivo, che non fa cenno alcuno alla presunzione di responsabilità.

La disciplina apprestata dal citato articolo è dettata, com’ è noto, allo scopo di evitare che un amministratore venga sviato da un interesse personale in una determinata operazione, concludendola a condizioni favorevoli a se’ (o a colui per conto del quale è in conflitto di interessi) e dannose per la società.

La Suprema Corte ha richiamato un precedente in tema di appalto (Cass.n. 12700\93) in cui viene evidenziata la necessità della prova del danno ingiusto cagionato alla società appaltatrice (nella fattispecie il pagamento di un corrispettivo più alto) nel caso di affidamento dell’appalto deliberato dalla società senza l’astensione dell’amministratore in conflitto.

Merita segnalare che per valutare la rilevanza della condotta inadempiente occorrerà fornire al Giudice gli elementi per una valutazione contro fattuale sulla diversa decisione che la Società avrebbe assunto ove fosse stata messa a conoscenza del possibile conflitto di interessi. Gli strumenti ermeneutici cui fare riferimento sono reperibili nell’orientamento giurisprudenziale prevalente in tema di prova della responsabilità professionale: una valutazione, per prognosi postuma, alle condizioni sussistenti al momento della decisione, vale a dire una più probabile diversa e utile scelta della Società all’esito della informazione del possibile conflitto (Cass.n.11905\2016 e altre).

In ultimo si evidenzia che non è emerso, nella decisione della causa in commento, la sussistenza di una copertura assicurativa dell’amministratore (cd. Directors and Officiers Liability, in breve D&O), per la colposa violazione degli obblighi inerenti alla posizione di gestione e controllo. In questo caso, però, la natura – certo dolosa –  del comportamento dell’amministratore, avrebbe comunque escluso la possibilità di indennizzo da parte della Compagnia assicurativa.