“Esula dai doveri del notaio quello di dissuadere la parte acquirente dal porre affidamento nelle dichiarazioni negoziali (specie ove supportate … da documentazione comprovante l’estinzione del debito e l’avvio della pratica di cancellazione dell’ipoteca) del venditore, che abbia, come nella specie, espressamente “garantito” … la libertà dell’immobile da pesi, iscrizioni e trascrizioni, fatta eccezione per l’ipoteca … che tuttavia veniva assicurato gravare solo formalmente ‘in quanto relativa a debito integralmente estinto e in corso di cancellazione’.
Il Tribunale di Velletri con la recente sentenza n. 384 dello scorso 28.02.2023 applica alla fattispecie concreta sottoposta al suo giudizio i principi che la Suprema Corte ha dettato in tema di responsabilità professionale del notaio che abbia rogato una compravendita immobiliare rilevando la sussistenza di una ipoteca legale sul bene compravenduto.
Nel caso in esame il rogante aveva acquisito sia la dichiarazione del venditore in ordine all’estinzione del debito (e, quindi, la garanzia della prossima cancellazione) sia la documentazione – poi rivelatasi falsa – recante l’intestazione e il timbro di Equitalia Gerit s.p.a., comprovanti l’estinzione del debito e l’avvio della pratica di totale cancellazione dell’ipoteca.
L’apparente genuinità dei documenti prodotti dal venditore e la circostanza che parte acquirente ne fosse stata informata ante rogito, così come il fatto che il pubblico ufficiale aveva richiesto una ulteriore attestazione dell’Ente creditore comprovante l’avvio della pratica di cancellazione dell’ipoteca legale, rappresentano per il giudice del merito validi presupposti di fatto per negare che sul notaio possa incombere l’obbligo di verificare l’autenticità delle quietanze, di saggiare la veridicità dell’attestazione di cancellazione del debito e, di conseguenza, di “avvertire” la parte acquirente circa la probabile inattendibilità delle dichiarazioni del venditore.
Richiamando i principi giurisprudenziali ormai consolidati in tema di obbligo di informazione, di consiglio e di persuasione (cfr. per tutte Cass., 15/02/2022, n. 4911; Cass., 04/03/2022, n. 7185; Cass. civ., 5.07.2022, n. 21205), la pronuncia in commento conferma che sul rogante non possono essere riversate le conseguenze dell’inadempimento della parte venditrice rispetto all’obbligo assunto di procedere alla cancellazione dell’ipoteca insistente sul bene ma verificata dal notaio stesso (cfr. Cass., 21.07.2015, n. 21792).
Inoltre, in presenza di iscrizioni pregiudizievoli, il notaio non è tenuto a dissuadere il cliente dalla stipula, inducendo cioè il compratore a non confidare nell’adempimento del venditore rispetto agli impegni presi di estinguere le formalità (cfr. Cass. 11.05.2016, n. 9660).
In sintesi, quindi, si può affermare che se lo scopo pratico dell’atto è messo a rischio dall’omessa attività di verifica propedeutica al rogito, il notaio risponderà, oltre che per difetto dei dovuti accertamenti ipotrascrizionali, anche per omessa informazione; qualora, invece, le parti abbiamo assunto impegni negoziali espressi, soggetti ad apprezzamento di affidabilità e convenienza – come, appunto, quello alla cancellazione delle riscontrate formalità pregiudizievoli – il notaio non può rispondere del susseguente inadempimento della parte obbligata né sullo stesso può rinvenirsi alcun obbligo di dissuasione dalla stipula, poiché in tal modo si ravviserebbe una illegittima – e comunque non richiesta – ingerenza del rogante rispetto a valutazioni sulla convenienza dell’affare che sono proprie della parte.
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Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. e pedissequo decreto di fissazione udienza ritualmente notificati, XXXXXX, premesso di aver acquistato da XXXXXX, in data 29.04.2011, un immobile sito in Albano Laziale, Mastro di Casa n. 4, censito al Catasto al foglio mappale particella sub. con atto di compravendita a rogito del Notaio dott. XXXXXX, rep. n. racc. n. , conveniva in giudizio, innanzi all’intestato Tribunale, sia il venditore che il notaio, rassegnando le seguenti conclusioni: “1) Ritenere e dichiarare che il debito con Equitalia Gerit Spa che dava luogo alla iscrizione ipotecaria in questione, per come menzionato nell’atto pubblico de quo agitur (rep. n. XXXXXX, racc. n. XXXXXX), non è mai stato saldato e neppure è mai stata azionata alcuna procedura per la cancellazione dell’ipoteca in oggetto. 2) Ritenere e dichiarare, inoltre, che l’immobile acquistato dall’attrice, meglio identificato in epigrafe, è ancora oggi gravato di ipoteca. 3) Per l’effetto, ritenere e dichiarare la responsabilità del notaio, dott. XXXXXX, per grave inadempimento del contratto d’opera professionale intercorso con l’attrice, alla luce dell’attestazione: “gravante solo formalmente in quanto relativa a debito integralmente estinto ed in corso di cancellazione”, secondo come dal medesimo riportata nell’atto pubblico de quo nonché nella “Relazione Notarile Preliminare”. 4) Ritenere e dichiarare, comunque, la responsabilità professionale del notaio convenuto per la violazione degli obblighi derivanti dall’incarico conferitogli. 5) Ritenere e dichiarare, altresì, la responsabilità della parte venditrice, il sig. XXXXXX per la medesima dichiarazione di cui all’atto pubblico in oggetto, stante la più generale garanzia per evizione dalla legge prevista. 6) Conseguentemente, a mente degli artt. 1176,1223, 1218, 2230 c.c., quanto al notaio XXXXXX, nonché dell’art. 1476 e seg. c.c., quanto al sig. XXXXXX, ovvero ad ogni differente titolo di legge che fosse ritenuto, condannarli entrambi, in solido tra loro, ovvero ciascuno per la diversa responsabilità giudicata configurabile, al risarcimento di tutti i danni patiti e patendi dalla attrice, sia per danno emergente che per lucro cessante, nella misura corrispondente a) alla somma occorrente per estinguere il debito de quo ed operare la cancellazione di ipoteca, ovvero al deprezzamento dell’immobile a causa della relativa iscrizione pregiudizievole; b) a quella che sarà dovuta alla ditta G.I.F., ut supra meglio identificata, a titolo di penale per il contestato inadempimento, che è pari ad € 10.000,00; c) a quell’altra pari al danno scaturito dall’impossibilità di conseguire un mutuo agevolato”.
A sostegno delle conclusioni rassegnate, la ricorrente esponeva che: in data 29.04.2011 aveva acquistato da XXXXXX l’immobile di cui in premessa; l’immobile era stato pubblicizzato dall’agenzia “XXXXXX s.r.l.” e visionato dall’attrice nel novembre 2010; il prezzo concordato era di € 700.000,00 e aveva versato quale cauzione un assegno di € 5.000,00; quindi, conclusa la trattativa, in data 29.04.2011 aveva stipulato il contratto di compravendita e altresì acceso un mutuo ipotecario con l’istituto di credito “XXXXXX”, atti entrambi rogati dal Notaio dott. XXXXXX di Albano Laziale, alla presenza anche di XXXXXX, titolare dell’agenzia immobiliare, e di XXXXXX, funzionario della “XXXXXX”; solo in quell’occasione era stata portata a conoscenza dalla parte venditrice e dal notaio della presenza di un’ipoteca sul bene a favore di Equitalia Gerit S.p.A.; era però stata rassicurata, sia dal notaio che dal venditore, in ordine al carattere solo formale dell’iscrizione, siccome il debito era stato già estinto e la cancellazione dell’ipoteca era in corso; in effetti, nel contratto di compravendita, rep. e racc. , all’art. 4 era stata menzionata la presenza di un’iscrizione ipotecaria sul bene, effettuata presso la Conservatoria dei RR.II. Roma 2 in data , al n. , di importo di € 91.051,10, a fronte di una sorte di € 45.525,25; nella stessa clausola era stato specificato altresì che l’ipoteca era “gravante solo formalmente in quanto relativa a debito integralmente estinto ed in corso di cancellazione”; analoga attestazione era stata effettuata dal Notaio in sede di c.d. “relazione notarile preliminare”; nel mese di aprile 2016, essendo intenzionata a procedere alla surroga del mutuo in favore della XXXXXX, si era rivolta nuovamente al Notaio XXXXXX, anche se poi l’operazione non era stata conclusa; a settembre 2016, appreso di poter accedere ad un mutuo agevolato per la ristrutturazione dell’immobile, si era rivolta, invece, al notaio XXXXXX di Roma, tramite la quale aveva scoperto che l’ipoteca a favore di Equitalia Gerit S.p.A. ancora gravava sull’immobile, per non essere mai stata cancellata; si era allora rivolta allo studio del notaio XXXXXX ed era così entrata in possesso del documento comprovante l’asserita estinzione del debito, ovvero una quietanza rilasciata da Equitalia Gerit S.p.A.; il notaio XXXXXX, le aveva comunicato che quel documento era probabilmente un falso, anche perché non conteneva i riferimenti all’ipoteca gravante sull’immobile; aveva quindi contattato il venditore, XXXXXX, che le aveva verbalmente confermato la falsità del documento e le aveva riferito che era stato trasmesso allo studio del notaio XXXXXX dal proprio commercialista senza che egli ne fosse a conoscenza; XXXXXX, peraltro, aveva trattenuto per sé il documento falso senza mai restituirglielo; a causa di tale emergenza, non aveva potuto ottenere il mutuo agevolato per la ristrutturazione dell’immobile e aveva altresì dovuto sopportare una penale di € 10.000,00 nei confronti della ditta incaricata dei lavori, con la quale aveva già stipulato il contratto di appalto; con missiva dell’1.01.2017 aveva messo in mora il notaio XXXXXX evidenziando i suoi profili di imperizia nell’adempimento dell’incarico professionale conferitogli nel 2011, per averle fatto acquistare un immobile senza verificare l’effettiva estinzione del debito da cui traeva origine l’ipoteca; il notaio, anziché riscontrare la richiesta, le aveva addirittura inviato la parcella per i compensi asseritamente maturati in relazione all’attività svolta nel 2016 per la surroga, poi mai concretizzata; quindi, con lettera del 20.03.2017, lo aveva invitato alla stipula di una convenzione di negoziazione assistita, senza esito.
Si costituiva in giudizio il notaio XXXXXX che chiedeva, in via preliminare, di essere autorizzato alla chiamata in causa della propria compagnia assicurativa, la XXXXXX; nel merito, contestava la fondatezza delle domande attoree, esponendo di aver puntualmente e diligentemente assolto i propri obblighi professionali, in quanto le parti, venditore e acquirente, erano entrambe edotte dell’esistenza dell’ipoteca già prima del rogito notarile e, anzi, proprio la ricorrente gli aveva fatto pervenire, attraverso il fax della farmacia di cui era titolare, la quietanza di Equitalia Gerit S.p.A., di cui quindi era perfettamente a conoscenza; ad ogni modo, non rientrava tra i propri obblighi quello di sindacare la veridicità delle attestazioni del venditore sull’intervenuta estinzione del debito, sicché XXXXXX era l’unico eventualmente tenuto al risarcimento del danno. Contestava altresì il quantum debeatur, atteso che le voci di danno erano sfornite di prova, anche in punto di nesso causale con i fatti lamentati.
Si costituiva altresì la terza chiamata XXXXXX, che eccepiva, ai sensi dell’art. 8 delle condizioni di contratto, la decadenza dalla copertura dell’assicurato, che nonostante le plurime diffide ricevute dall’attrice, aveva denunciato il sinistro alla compagnia solo in data 3.01.2018, dopo la costituzione in giudizio, a mezzo peraltro di un difensore scelto in violazione del patto di gestione della lite; eccepiva altresì l’inosservanza degli obblighi di avviso e salvataggio ai sensi degli artt. 1913 e 1915 c.c.; invocava l’operatività del massimale e della franchigia e, nel merito, contestava le domande attoree, stante l’operato diligente e perito del Notaio XXXXXX.
Dichiarata la contumacia del resistente XXXXXX (ritualmente citato con notifica del 3.10.2017 in atti) e disposto il mutamento del rito da sommario in ordinario di cognizione, all’esito delle memorie ex art. 183, 6 comma, c.p.c., la causa veniva istruita tramite la prova per interrogatorio formale del convenuto contumace e le prove testimoniali chieste da parte attrice, sui capitoli ammessi con ordinanza dell’1.03.2018.
Dichiarata la decadenza dell’attrice dall’ulteriore prova testimoniale chiesta con ordinanza del 19.11.2019, dopo taluni rinvii determinati dal mutamento nella persona del giudice titolare del fascicolo, subentrata la scrivente, la causa è stata assunta in decisione all’udienza a trattazione scritta dell’8.09.2022, con concessione alle parti dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
A fini dell’esatta delimitazione del thema decidendum, va osservato che, nella presente sede, XXXXXX ha agito in giudizio nei confronti di XXXXXX, nella qualità di venditore, e di Andrea Fontecchia, quale notaio rogante, al fine di ottenere, previo accertamento delle rispettive responsabilità ai sensi degli artt. 1476 e ss. c.c. e 1176, 1218, 1223 e 2230 c.c., la condanna dei predetti convenuti, anche in solido, al risarcimento dei danni subiti subiti e subendi, pari a: 1) l’importo necessario per estinguere l’ipoteca a favore di Equitalia Gerit S.p.A., ancora gravante sull’immobile acquistato con atto del 29.04.2011 ovvero al deprezzamento del proprio immobile; 2) la somma di € 10.000,00 da corrispondere alla ditta XXXXXX a titolo di penale per mancata esecuzione dei lavori di ristrutturazione dell’immobile; 3) la perdita della possibilità di accedere al mutuo agevolato per la ristrutturazione.
Per contro, XXXXXX, unico convenuto costituitosi in giudizio, ha dedotto di aver correttamente adempiuto il proprio incarico professionale, nel rispetto di tutti gli obblighi di diligenza e perizia, anche quelli discendenti dalla Legge Notarile, avendo informato la parte acquirente dell’esistenza dell’ipoteca ancora gravante sul bene, come risulta dall’art. 4 del rogito e altresì dalla precedente relazione notarile preliminare.
Tanto premesso, le domande attoree non sono fondate e vanno respinte nei confronti del notaio, mentre possono trovare parziale accoglimento nei confronti della parte venditrice, e ciò per le ragioni che di seguito si vanno ad illustrare.
Procedendo anzitutto all’esame della domanda spiegata verso il venditore rimasto contumace, XXXXXX, la stessa va ricondotta all’alveo della disciplina generale della responsabilità da inadempimento del venditore e quindi, né a quella di cui all’art. 1489 c.c., né alla garanzia per evizione (art. 1482 c.c.).
Entrambe le fattispecie da ultimo menzionate presuppongono la non conoscenza della garanzia reale da parte dell’acquirente; esse, peraltro, si distinguono tra loro perché, mentre l’evizione totale o parziale viene a verificarsi solo quando l’acquirente sia privato in tutto od in parte del bene alienato ovvero il diritto trasferito perda le sue caratteristiche qualitative o quantitative, di converso se la privazione riguarda esclusivamente limitazioni inerenti il godimento del bene o imposizioni di oneri che lascino però integra l’acquisizione patrimoniale, allora trova applicazione l’art. 1489 c.c.
A tal proposito, infatti, si deve evidenziare che “la garanzia prevista a carico del venditore dall’art. 1489 c.c. per gli oneri ed i diritti di terzi gravanti sul bene venduto presuppone la non conoscenza dei medesimi da parte del compratore, mentre esulano dalla sua operatività gli oneri ed i diritti di terzi noti all’acquirente, come un’ipoteca iscritta sull’immobile alienato a garanzia di un mutuo concesso ad uno dei venditori e portata a conoscenza dell’acquirente stesso, per la quale la violazione dell’obbligo di provvedere alla cancellazione, assunto dai venditori nel contratto di compravendita, nell’ambito dell’autonomia negoziale, rientra nella disciplina non della norma indicata, ma dell’inadempimento, ed, essendo il menzionato contratto l’unica fonte di obbligazioni per le parti, configura indistintamente la responsabilità di tutti i venditori, compresi coloro che sono rimasti estranei al rapporto di mutuo e si sono limitati a consentire l’iscrizione ipotecaria” (così Cass. civ., sez. 2, 10.11.1980, n. 6034).
Nel caso di specie, parte attrice era a conoscenza, quantomeno al momento della sottoscrizione dell’atto, dell’ipoteca sull’immobile, che infatti viene espressamente menzionata all’art. 4 del contratto, sicché la domanda va sussunta sotto la generale disciplina della responsabilità da inadempimento di obbligazioni (artt. 1218 e ss. c.c.).
Così giuridicamente qualificata, la domanda risarcitoria nei confronti di XXXXXX risulta fondata nell’an, avendo l’attrice assolto l’onere probatorio su di sé incombente, di provare il titolo negoziale della propria pretesa e di allegare l’altrui inadempimento.
Si deve sul punto rammentare che, in materia di azioni contrattuali, secondo l’orientamento giurisprudenziale che ha trovato cristallizzazione in un noto intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr. Cass. civ., Sez. Un., 30.10.2001, n. 13533), che hanno risolto un annoso contrasto in materia di inadempimento di obbligazioni e relativo onere probatorio (a favore dell’orientamento poi ripreso dalle Sezioni Unite, cfr. Cass. civ., Sez. III, 23.05.2001, n. 7027; Cass. civ., Sez. I, 15.10.1999, n. 11629; Cass. civ., Sez. II, 5.12.1994, n. 10446), “in tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno ovvero per l’adempimento, deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza,
limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dall’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. Uguale criterio di riparto deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., risultando in tal caso invertiti i ruoli delle parti in lite” (cfr. Cass. civ., Sez. I, 13.06.2006, n. 13674; Cass. civ., Sez. I, 03.07.2009, n. 15677; Cass. civ., Sez. II, 20.01.2010, n. 936; Cass. civ., Sez. III, 20.01.2015, n. 826; Cass. civ., Sez. VI- II, 04.01.2019, n. 98).
Facendo applicazione di tali principi al caso qui scrutinato, XXXXXX ha provato il rapporto negoziale (il contratto di compravendita del 29.04.2011) intercorso con XXXXXX , dal quale risulta (art. 4) che il venditore aveva espressamente garantito l’avvenuta estinzione del debito tributario da cui era scaturita l’ipoteca, che pertanto doveva considerarsi solo “formale”; ha allegato che, in realtà, il XXXXXX non avrebbe mai estinto il debito tributario verso Equitalia Gerit S.p.A. e ha finanche documentato, tramite la produzione in giudizio della visura aggiornata (v. doc. 3 all.to alla memoria ex art. 183, 6 comma n. 2, c.p.c.), la persistenza dell’iscrizione ipotecaria sull’immobile.
Per tal via, l’attrice ha pienamente assolto l’onere probatorio su di sé incombente e ad analoga conclusione si perverrebbe anche ritenendo la fattispecie sussumibile sotto la previsione di cui agli artt. 1482 o 1489 c.c. (volendo valorizzare la circostanza che l’attrice era stata edotta, nel contratto, dell’ipoteca ma era stata al contempo rassicurata dal venditore che si trattasse di una iscrizione “formale” perché non più corrispondente ad un’obbligazione pecuniaria del XXXXXX verso il creditore ipotecario). Anche in tal caso, infatti, andrebbe fatta applicazione del principio per cui, “ai sensi dell’art. 1489 c.c. la domanda del compratore di risarcimento del danno, al pari di quella diretta ad ottenere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, resta ancorata ai presupposti di fatto e di diritto previsti dalla legge per poter affermare la responsabilità del venditore, occorrendo che il bene compravenduto sia effettivamente gravato da un diritto reale a favore di un terzo, senza che sia sufficiente una situazione di fatto in astratto corrispondente ad un diritto altrui. Ne deriva che la responsabilità, anche solo risarcitoria, del venditore richiede la dimostrazione dell’esistenza di un diritto altrui sul bene, la cui prova non può che essere posta a carico del compratore” (Cassazione civile sez. II, 28/12/2011, n.29367).
Nella specie, dunque, l’attrice risulta aver assolto il proprio onere probatorio, avendo dimostrato per tabulas l’esistenza, ancora oggi, dell’ipoteca sul bene.
Era invece onere del venditore costituirsi in giudizio e dimostrare di aver reso una dichiarazione veritiera in sede di atto di compravendita, di avere cioè effettivamente estinto il debito verso Equitalia Gerit S.p.A.; parimenti, era onere del venditore provare l’eventuale dipendenza della mancata cancellazione dell’ipoteca legale da causa a sé non imputabile. Invece, restando contumace, il Biancifiori ha di fatto rinunciato a fornire la prova liberatoria della quale era gravato e che non può neppure essere rappresentata dalla “quietanza” recante l’intestazione e il timbro di Equitalia Gerit S.p.A., giacché l’attrice ne ha contestato l’autenticità ed era onere del venditore dimostrarne la genuinità.
Infatti, per giurisprudenza costante, nel processo civile le scritture private provenienti da terzi estranei alla lite costituiscono meri indizi, liberamente valutabili dal giudice e contestabili dalle parti senza necessità di ricorrere alla disciplina prevista in tema di querela di falso o disconoscimento di scrittura privata autenticata. Ne consegue che, sorta controversia sull’autenticità di tali documenti, l’onere di provarne la genuinità grava su chi la invoca, in applicazione del generale principio di cui all’art. 2697 c.c. (così Cass. civ., Sez. 3, 9.03.2010, n. 6650).
Ne discende che la prova della genuinità della quietanza rilasciata da Equitalia Gerit S.p.A. (doc. 4 di parte attrice) inviata allo studio notarile XXXXXX prima del rogito e, quindi, dell’effettiva estinzione del debito tributario, avrebbe dovuto essere fornita da XXXXXX Sussistono, pertanto, i presupposti per accertare la responsabilità del venditore, che pur avendo garantito, in sede di contratto di compravendita, la sostanziale libertà del bene dall’ipoteca in questione (avendo dichiarato e documentato che l’ipoteca era solo “formale”), in realtà non ha estinto il debito (e, comunque, non ha provato in giudizio di averlo estinto), sicché l’ipoteca legale risulta tuttora gravare sull’immobile da lui ceduto all’attrice, XXXXXX.
In ordine al quantum debeatur, deve premettersi in generale che “la presenza di un’iscrizione di ipoteca su un immobile, sebbene illegittima e destinata a venir meno, è situazione di per sé causa di danno risarcibile anche per il proprietario del bene ipotecato, sia per la potenziale perdita di occasioni di commerciare il bene, sia per l’onere di dimostrare (al terzo interessato all’acquisto) che l’ipoteca non ha alcuna effettività, sia, comunque, per la diminuzione delle utilità che egli potrebbe conseguire se il bene fosse libero, determinando una diminuzione del prezzo o un qualche altro pregiudizio (Cass. civ., sez. 3, 2.11.2010, n. 22267).
Non v’è dubbio, quindi, che l’esistenza dell’ipoteca arrechi all’attrice un danno di natura patrimoniale.
Circa l’ammontare risarcitorio spettante, però, vanno fatte alcune notazioni.
L’attrice deduce di aver patito un danno emergente pari alla perdita di € 10.000,00 pari alla penale da corrispondere alla ditta XXXXXX s.a.s. per la mancata esecuzione dei lavori di ristrutturazione dell’immobile, nonché alla perdita dell’ammontare delle agevolazioni cui avrebbe avuto diritto se avesse potuto stipulare il mutuo per la ristrutturazione. Ha poi allegato un danno pari all’esborso che dovrà necessariamente sostenere per liberare il bene dall’ipoteca ovvero al ridotto valore commerciale dell’immobile.
Ebbene, ritiene il Tribunale che la domanda possa trovare accoglimento solo e proprio con riguardo a tale ultima voce risarcitoria, che deve essere parametrata al debito tributario (€ 45.525,55) contratto da XXXXXX verso Equitalia Gerit S.p.A., giacché è questo l’importo da versare per la liberazione dell’immobile dal peso rappresentato dall’ipoteca.
Non rileva, invece, che l’iscrizione ipotecaria sia avvenuta per € 91.051,10, giacché, come noto, l’Agente per la Riscossione può iscrivere –come nella specie avvenuto– per un ammontare massimo pari al doppio del debito tributario, che però resta di € 45.525,55, che è quindi il costo da sostenere per estinguere il debito e conseguire la cancellazione dell’ipoteca.
D’altronde, l’attrice in punto di quantum non ha effettuato allegazioni diverse e specifiche, rimettendosi sostanzialmente al Tribunale in ordine alla liquidazione di detto pregiudizio economico.
L’invocata riduzione del valore commerciale del bene, che l’attrice ha sostanzialmente posto in via alternativa, resta assorbita: allo stato, infatti, l’attrice non ha lamentato e provato la perdita di occasioni di vendita dell’immobile e, una volta conseguita la liberazione dell’ipoteca mediante l’estinzione del debito verso Equitalia di € 45.525,55, il pieno valore commerciale dell’immobile sarà ripristinato.
Le ulteriori voci di risarcimento del danno emergente, invece, non possono essere riconosciute all’attrice, perché dedotte in maniera generica e rimaste completamente sfornite di prova.
Premesso infatti che l’attrice non ha mai specificamente chiarito neppure di che tipo e di che entità sarebbero state le agevolazioni creditizie perdute, non è comunque emersa la prova, certa o altamente probabile, che l’attrice il finanziamento agevolato sia stato negato dalla banca per la presenza dell’iscrizione ipotecaria né che, in difetto di quest’ultima, le sarebbe invece con ogni probabilità stato concesso.
Manca, quindi, la prova dello specifico nesso causale tra tale, presunto pregiudizio economico (comunque mai chiaramente allegato e quantificato dall’attrice) e la condotta del venditore; d’altronde, l’esistenza di un’iscrizione ipotecaria non preclude automaticamente la concessione di un finanziamento.
Anche l’asserito danno di € 10.000,00 pari alla penale che sarebbe alla ditta incaricata della ristrutturazione è rimasto del tutto indimostrato, giacché non v’è prova: 1) che l’assegno versato in atti sia stato effettivamente incassato da parte della ditta appaltatrice (anzi, la stessa attrice discorre di penale ancora “da corrispondere” all’impresa); 2) che la ditta abbia preteso il pagamento della penale; 3) che i lavori non siano stati eseguiti a causa della scoperta della mancata cancellazione dell’ipoteca; a tale ultimo proposito, deve peraltro evidenziarsi che sono risarcibili i soli pregiudizi che siano conseguenza “immediata e diretta” dell’altrui inadempimento: nel caso di specie, in cui non è neppure dedotto quale fosse l’importo da prendere a mutuo, non può dirsi dimostrato il nesso di causalità tra l’inadempimento del venditore e la scelta dell’attrice di non effettuare più alcuna opera presso l’immobile di sua proprietà.
A ciò si aggiunga che il preventivo della ditta XXXXXX., pur datato 20.07.2016, risulta modificato dalle parti con la previsione della penale – accettata dall’attrice – in data 13.10.2016, ovvero in un momento in cui la Italiano era già a conoscenza, per sua stessa allegazione, della persistenza dell’ipoteca e quindi dell’impossibilità di prendere il mutuo per la ristrutturazione (come si ricava dall’attestazione del notaio XXXXXX – doc. 5 del fascicolo cartaceo), sicché non può imputarsi a fatto del venditore la libera scelta dell’attrice di obbligarsi con l’impresa appaltatrice alla corresponsione della penale pur nella consapevolezza di non aver ottenuto l’erogazione del finanziamento per ristrutturare l’immobile. Tale comportamento, infatti, appare di per sé idoneo ad interrompere il nesso di causalità.
Pertanto, le ulteriori somme pretese dall’attrice non possono esserle riconosciute e il danno risarcibile e al cui pagamento il venditore, XXXXXX, va condannato, resta circoscritto alla somma di € 45.525,55 necessaria per l’estinzione del debito tributario e per la cancellazione dell’ipoteca legale sull’immobile.
Su tale somma non spettano rivalutazione e interessi (comunque mai fatti oggetto di domanda da parte dell’attrice), trattandosi di esborso che XXXXXX non ha ancora sostenuto; pertanto, il danno viene liquidato all’attualità e non si è concretizzato alcun ulteriore pregiudizio, suscettibile di compensazione, per il fatto dell’indisponibilità della somma. Peraltro, in generale è noto che gli interessi c.d. compensativi costituiscono una mera modalità liquidatoria del danno da ritardo nei debiti di valore, “fermo restando che non è configurabile alcun automatismo nel riconoscimento degli stessi, essendo onere del creditore provare, anche in base a criteri presuntivi, che la somma rivalutata (o liquidata in moneta attuale) sia inferiore a quella di cui avrebbe disposto, alla stessa data della sentenza, se il pagamento della somma originariamente dovuta fosse stato tempestivo” (Cass. n. 18564/2018).
Tanto chiarito in ordine alla responsabilità del venditore, venendo ad esaminare la domanda proposta nei confronti del notaio XXXXXX, va subito precisato che i principi sopra richiamati in tema di riparto dell’onere della prova nelle azioni contrattuali trovano applicazione anche nell’ambito del contratto di prestazione d’opera intellettuale (artt. 2230 e ss. c.c.), cui va ricondotto il rapporto intercorso tra l’attrice e l’odierno convenuto; quindi, il cliente che agisca in giudizio per conseguire la risoluzione del contratto e/o il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento della controparte, ha l’onere di allegare e provare il titolo negoziale della propria pretesa, di allegare l’altrui inadempimento ed altresì di allegare e provare il danno e il nesso causale tra questo e la condotta negligente o imperita del professionista, che viene invece ad essere onerato della prova di aver adempiuto il proprio incarico con la diligenza professionale richiesta.
Infatti, per costante e pacifica giurisprudenza, di merito e di legittimità, in tema di responsabilità del professionista derivante – come nella specie – dall’asserito, omesso svolgimento di un’attività (secondo la prospettazione attorea, la mancata verifica dell’effettiva estinzione del debito di XXXXXX verso Equitalia Gerit S.p.A. da parte del notaio), dalla quale sarebbe potuto derivare un vantaggio personale o patrimoniale per il cliente, opera la regola della preponderanza dell’evidenza causale o del “più probabile che non”, da applicarsi non solo all’accertamento del nesso di causalità fra l’omissione e l’evento di danno, bensì anche all’accertamento del nesso tra quest’ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili: infatti, i pregiudizi lamentati debbono essere indagati secondo un giudizio prognostico sull’esito che si sarebbe verificato ove l’attività professionale omessa fosse stata puntualmente espletata (così, proprio in tema di responsabilità del notaio, Cass. civ., 4.07.2006, n. 15274 del 4/07/2006).
Tanto chiarito, nel caso qui scrutinato è pacifica (art. 115 c.p.c.), oltreché documentata, l’esistenza del rapporto di prestazione d’opera intellettuale tra l’attrice e il convenuto XXXXXX, che, quale notaio incaricato, ha provveduto alla stipula sia dell’atto pubblico di compravendita del 29.04.2011 intercorso tra la XXXXXX e XXXXXX, sia del contratto di mutuo erogato all’attrice dall’istituto mutuante XXXXXX S.p.A.
È quindi indubbio che l’attrice abbia assolto il proprio onere probatorio con riguardo al titolo negoziale della pretesa nei confronti del notaio convenuto.
Quanto all’inadempimento, l’attrice ha censurato il comportamento del notaio, poiché costui, con negligenza e imperizia: 1) non l’avrebbe resa edotta tempestivamente dell’esistenza dell’iscrizione ipotecaria, circostanza appresa solo il giorno del rogito notarile; 2) non avrebbe compiuto le doverose verifiche in ordine all’effettiva estinzione del debito del XXXXXX verso Equitalia Gerit S.p.A. da cui era originata l’ipoteca di € 91.051,10, a fronte di un credito della stessa Equitalia verso il venditore di € 45.525,25.
Ebbene, con riguardo al primo profilo, va osservato che non è emersa in giudizio la prova certa di quanto allegato dall’attrice in ordine al fatto di non aver avuto conoscenza dell’ipoteca fino al giorno stesso del rogito notarile: se è vero che il teste XXXXXX ha riferito che la quietanza fu mostrata il giorno del rogito all’acquirente, d’altro canto risulta per tabulas e comunque non è contestato che detto documento sia pervenuto allo studio notarile del dott. XXXXXX proprio tramite un fax inviato dalla farmacia di proprietà di XXXXXX e la tesi da quest’ultima sostenuta, secondo cui lo stesso XXXXXX avrebbe inviato il fax dalla farmacia (perché sarebbe stato solito farlo), non ha trovato affatto conferma nelle dichiarazioni rese dalla teste escussa.
Infatti, la teste XXXXXX dipendente da anni della farmacia, sulla circostanza, ha semplicemente riferito che “il XXXXXX veniva spesso in farmacia, a fare acquisti. Mi è capitato di sentire che parlassero della casa. Non ho mai visto XXXXXX mandare un fax dalla farmacia” (v. verbale di udienza del 31.05.2019).
Non è dirimente, poi, la mancata comparizione del contumace in sede di interrogatorio formale, giacché da ciò possono ricavarsi meri argomenti di prova.
Pertanto, anche tenuto conto che la quietanza, inviata a mezzo fax dalla farmacia della Italiano, reca nell’intestazione la dicitura, a penna, “C.A. L” (ragionevolmente da intendersi come “alla cortese attenzione di L”), il complesso delle allegazioni delle parti e degli elementi di prova raccolti inducono a ritenere più verosimile la tesi di parte convenuta, secondo cui l’attrice già da data antecedente rispetto a quella di stipula del contratto era a conoscenza dell’ipoteca legale gravante sull’immobile; tale conclusione appare avvalorata dalla menzione dell’ipoteca contenuta anche nella relazione notarile preliminare datata 4.04.2011 (doc. 3), inviata dal notaio alla banca per consentire la positiva delibera del mutuo e ragionevolmente conosciuta dall’attrice stessa (che infatti ne ha depositato copia agli atti del giudizio).
Ma anche a voler prescindere da ciò e a ritenere che, effettivamente, solo in occasione del rogito del 29.04.2011 l’attrice abbia saputo dell’esistenza dell’iscrizione ipotecaria sull’immobile da acquistare e visionato il documento, la circostanza resta priva di particolare rilievo ai fini della decisione in ordine alla (insussistente) responsabilità del notaio convenuto, motivo per il quale anche l’ulteriore prova testimoniale, dalla quale l’attrice è stata correttamente dichiarata decaduta (per non essersi tempestivamente attivata per ricercare il teste prescelto chiedendo, dunque, solo alla seconda udienza consecutiva, la sua sostituzione – cfr. sul punto e con riguardo a fattispecie analoga di decadenza, Corte App. Bari, sent. 226/2012) e sulla quale ha insistito in sede di precisazione delle conclusioni, risulta in ogni caso superflua.
È pacifico, infatti, che, prima di sottoscrivere l’atto, l’attrice sia stata informata dal notaio XXXXXX, che aveva altresì interpellato il venditore circa l’effettiva estinzione del debito, della presenza dell’iscrizione ipotecaria. Sicché, la Italiano avrebbe (peraltro legittimamente) potuto chiedere al venditore quantomeno un differimento della data di stipula, per meglio verificare e valutare l’ipoteca e i tempi per la sua cancellazione.
Quanto, invece, all’asserita, carente verifica in ordine all’effettiva estinzione del debito da parte del XXXXXX, che è poi la principale doglianza che l’attrice ha fatto valere nell’odierno giudizio, alcun profilo di colpa si ravvisa nella condotta tenuta dal Notaio XXXXXX.
A tal proposito si deve rammentare, in termini generali, che indubbiamente “il notaio incaricato della stipula di un contratto avente ad oggetto diritti reali su beni immobili non può limitarsi ad accertare la volontà delle parti e a sovrintendere alla compilazione dell’atto, essendo tenuto a compiere l’attività necessaria ad assicurare la serietà e certezza dei relativi effetti tipici, e il risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti stesse, dal momento che contenuto essenziale della sua prestazione professionale è l’obbligo di informazione e consiglio” (cfr. Cass., 15/02/2022/4911, con cui è stata confermata la sentenza di merito che aveva ravvisato la responsabilità professionale di un notaio il quale, in sede di stipulazione di un contratto di mutuo ipotecario, aveva omesso di accertare che l’immobile ipotecato era incommerciabile, in quanto gravato da usi civici non affrancati).
Parimenti indubbio è che “per il rogante incaricato la violazione dell’obbligo di consiglio è fonte di responsabilità traducendosi nella violazione delle clausole generali di buona fede oggettiva e correttezza, ex artt. 1175 e 1375 c.c., quali criteri determinativi e integrativi della prestazione contrattuale, che impongono il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della parte” che a lui si è rivolta (cfr. Cass., 04/03/2022, n. 7185; in senso conforme Cass., 16/03/2021, n. 7283).
Al contempo, però, non può omettersi di considerare che tali obblighi di informazione e consiglio non si estendono fino a ricomprendere l’accertamento della veridicità della dichiarazione relativa all’estinzione del debito proveniente dalla parte venditrice e della attendibilità della garanzia fornita dallo stesso venditore in ordine alla prossima cancellazione dell’ipoteca.
Sulla scorta di ciò, è stato condivisibilmente sostenuto che “il notaio che inserisca, nella redazione dell’atto pubblico di trasferimento immobiliare, la dichiarazione della parte venditrice, accettata dall’acquirente, di estinzione del debito garantito da ipoteca sull’immobile, con impegno a provvedere alla cancellazione di quest’ultima a propria cura e spese, non risponde per la mancata veridicità della dichiarazione poiché non è tenuto ad alcuna attività accertativa a fronte di una espressione del potere valutativo del contraente, al quale solo spetta apprezzare il rischio di quella operazione negoziale” (così Cass. civ., Sez. 3, 21.07.2015, n. 21792).
Orbene, ritiene il Tribunale che il principio di diritto espresso dalla citata pronuncia, che ha ritenuto esente da responsabilità il notaio – che aveva accertato l’iscrizione ipotecaria e, al contempo, aveva raccolto la dichiarazione del venditore di intervenuta estinzione del debito – diversamente da quanto sostenuto da parte attrice, vale a fortiori nel caso qui scrutinato, in cui non solo il venditore ha espressamente dichiarato innanzi al notaio e alla parte acquirente (il fatto è pacifico oltreché emerso dalle dichiarazioni del teste XXXXXX richiamate dalla stessa attrice nei propri scritti conclusionali) che il debito era estinto ma aveva addirittura consegnato al notaio e messo a disposizione della parte acquirente ben due documenti, recanti l’intestazione e il timbro di Equitalia Gerit S.p.A., comprovanti l’estinzione del debito e l’avvio della pratica di totale cancellazione dell’ipoteca.
La quietanza rilasciata da Equitalia Gerit S.p.A. (doc. 4 del fascicolo attoreo), ricevuta dal notaio XXXXXX prima della stipula dell’atto de quo agitur, reca l’espresso riferimento ad un debito tributario contratto da XXXXXX (del quale compaiono i precisi dati anagrafici) nonché la data (5.03.2010) e il numero di iscrizione ipotecaria (reg. gen. 13867, reg. part. 2616), che corrispondono ai dati dell’ipoteca legale effettivamente gravante sull’immobile: la visura aggiornata al 2018 (doc. 3 dell’attrice, allegato alla memoria istruttoria), infatti, riporta proprio il numero di rep. gen. e il numero di reg. part. la data di presentazione della domanda è quella del 5.03.2010 e l’ipoteca risulta iscritta per € 91.051,10, a fronte di un debito di € 45.525,55.
I dati identificativi dell’ipoteca, dunque, corrispondono altresì a quelli riportati nel successivo documento consegnato al notaio dal venditore (doc. 4 di parte convenuta), rubricato “atto di cancellazione totale di ipoteca legale”, nel quale si fa nuovamente espresso riferimento dell’avvenuta estinzione del debito tributario a carico del venditore David Biancifiori e all’avvio della pratica di cancellazione dell’ipoteca legale rep. gen. rep. part. , iscritta per € 91.051,10.
Sicché, non appare meritevole di condivisione la deduzione di parte attrice secondo cui il notaio avrebbe potuto agevolmente avvedersi della falsità del documento, verificando la mancata corrispondenza tra l’ipoteca esistente sul bene e i dati riportati nella quietanza rilasciata da Equitalia Gerit S.p.A.
A ciò si aggiunga che la “falsità” dell’ulteriore attestazione, datata 28.04.2011 e depositata agli atti del giudizio da parte del notaio, non è stata neppure specificamente prospettata dall’attrice nei successivi scritti difensivi.
Non v’è chi non veda, dunque, come il notaio abbia adempiuto tutti gli obblighi di diligenza e perizia su di sé incombenti, avendo provveduto: 1) a verificare e riportare nella relazione notarile preliminare e negli atti di compravendita e di mutuo l’esistenza dell’iscrizione ipotecaria; 2) a ricevere dalla parte venditrice la dichiarazione di avvenuta estinzione del debito tributario in forza del quale era stata iscritta l’ipoteca sul suo immobile; 3) a richiedere allo stesso venditore, ricevuta la prima quietanza, anche una seconda attestazione proveniente dall’Ente creditore, Equitalia Gerit S.p.A., comprovante l’avvio della pratica di cancellazione dell’ipoteca legale (documento, questo, sulla cui genuinità non risultano sollevati dubbi o contestazioni, sicché neppure sorge a carico del notaio alcuno specifico onere di dimostrarla).
È quindi del tutto destituita di fondamento la tesi attorea secondo cui il dovere di diligenza professionale del convenuto avrebbe dovuto spingersi addirittura al punto di saggiare il carattere autentico delle quietanze recanti l’intestazione e il timbro di Equitalia Gerit S.p.A., una delle quali pervenutagli addirittura dalla farmacia di titolarità dell’attrice (più che ragionevolmente, quindi, il notaio ha riposto affidamento nel fatto che la quietanza fosse stata effettivamente inviata o comunque fosse conosciuta dalla stessa sig.ra Italiano).
Va ribadito, infatti, che esula dai doveri del notaio quello di dissuadere la parte acquirente dal porre affidamento nelle dichiarazioni negoziali (specie ove supportate, come nella specie, da documentazione comprovante l’estinzione del debito e l’avvio della pratica di cancellazione dell’ipoteca) del venditore, che abbia, come nella specie, espressamente “garantito” (art. 4 del contratto di compravendita) la libertà dell’immobile da pesi, iscrizioni e trascrizioni, fatta eccezione per l’ipoteca del 5.03.2010 a favore di Equitalia Gerit S.p.A., per un debito di € 45.525,55, che tuttavia veniva assicurato gravare solo formalmente “in quanto relativa a debito integralmente estinto e in corso di cancellazione”.
Si deve infatti ulteriormente puntualizzare che l’obbligo per il notaio di dissuasione del cliente dalla stipula dell’atto, se ricomprende la constatazione della presenza di iscrizioni pregiudizievoli (che, nel caso di specie, è stato assolto), non include altresì quello di “indurre il compratore a non confidare nell’adempimento del venditore rispetto agli impegni presi di estinguere tali iscrizioni: il c.d. “dovere di consiglio investe solo le conseguenze giuridiche della prestazione a lui richiesta, e non pure le circostanze di fatto dell’affare concluso, tra le quali rientrano i rischi economici dello stesso, la cui valutazione è rimessa in via esclusiva al prudente apprezzamento delle parti” (cfr. Cass. civ., sez. 6, 5.07.2022, n. 21205; Cass. civ., 11.05.2016, n. 9660; Cass. civ., 5.06.2015, n. 11665).
Non è quindi sostenibile che il notaio XXXXXX fosse obbligato, a fronte della dichiarazione espressamente resa dal venditore all’art. 4 del contratto, a verificare l’autenticità delle quietanze, a saggiare la veridicità dell’attestazione di cancellazione del debito e, poi, ad “avvertire” XXXXXX circa la probabile inattendibilità delle dichiarazioni del venditore.
Se è vero che il notaio ha l’obbligo di rendere edotte le parti di tutte le circostanze che possono incidere sul pieno conseguimento degli effetti tipici dell’atto rogato, comprese quelle che le parti sarebbero in grado di accertare agevolmente da sé stesse (così Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 10296 del 21/06/2012, Rv. 623038), nondimeno l’obbligo di verifica del notaio non si estende alla falsità della dichiarazione del venditore di estinzione del debito e alla genuinità dei documenti, comprovanti l’estinzione, fattigli pervenire dalle stesse parti.
In definitiva, non era esigibile dal notaio il controllo della falsità dei documenti pervenutigli prima della stipula: “infatti, il canone di cui all’art. 1176 c.c., comma 2, va coordinato con quello della buona fede, che traccia il confine fra il comportamento esigibile e quello inesigibile, pur in considerazione della speciale diligenza richiesta nell’esercizio della professione notarile” (così Cass. civ., sez. 3, 24.10.2017, n. 25111).
Tale conclusione trova conferma nel recente indirizzo giurisprudenziale secondo cui “la cancellazione dell’ipoteca svolge sia una funzione di pubblicità-notizia, allorché sussista già un’autonoma causa estintiva dell’ipoteca in ragione della sua nullità o definitiva inefficacia, sia una funzione di autonoma causa estintiva dell’ipoteca, in quanto ne determina l’estinzione anche in assenza dei relativi presupposti. Pertanto, la clausola contrattuale, con la quale il promittente venditore assuma l’impegno di curare, a proprie spese, l’estinzione dell’ipoteca prima del rogito notarile, deve essere interpretata nel senso che l’obbligo va considerato assolto con l’estinzione per pagamento dell’obbligazione garantita, corredata del consenso del creditore ipotecario alla cancellazione, rilasciato con scrittura autenticata dal notaio che abbia presentato al conservatore l’atto fondante la richiesta, essendo contrario a buona fede ritenere, viceversa, necessario anche il completamento della formalità della cancellazione entro il termine pattuito” (Cass. civ. Sez. 2, 24.06.2022, n. 20434). È chiaro, dunque, che il notaio ha assolto il proprio obbligo di diligenza qualificata verificando l’esistenza dell’iscrizione e ricevendo la garanzia del venditore della sua futura cancellazione.
Sul tema appare altresì utile richiamare, in via analogica, l’indirizzo giurisprudenziale formatosi in tema di responsabilità del notaio nei casi in cui sia successivamente emersa la falsità del documento di identità di uno dei due contrenti. È stato infatti ripetutamente affermato che “il notaio può essere ritenuto non responsabile dei danni che taluno subisca per effetto della discordanza tra l’identità effettiva e quella attestata del comparente, se l’identificazione sia il risultato di un convincimento di certezza raggiunto anche al momento dell’attestazione sulla base di una pluralità di elementi che, comunque acquisiti, siano idonei a giustificarlo secondo regole di diligenza, prudenza e perizia professionale, potendo rilevare in tal senso anche elementi di natura presuntiva, purché in quest’ultimo caso si tratti di presunzioni gravi, precise e concordanti” (cfr. Cass. civ., sez. 6, 7.10.2021, n. 27293).
Nella vicenda che ci occupa sussistevano plurimi elementi, gravi precisi e concordanti, in ordine alla effettiva estinzione del debito da parte del venditore, quali: l’invio della prima quietanza tramite il fax della farmacia dell’attrice (dato che ha concorso a rafforzare l’affidabilità del documento nei confronti del notaio, perché ricevuto dalla stessa parte acquirente), l’obiettivo riscontro rappresentato dalla successiva attestazione a firma di Equitalia Gerit S.p.A. datata 28.04.2011 e, infine, la dichiarazione di conferma del venditore, ribadita in sede di rogito, che il debito era stato effettivamente estinto (come riferito dallo stesso teste di parte attrice, XXXXXX).
Alla luce di quanto sopra esposto, la domanda di risarcimento dei danni proposta nei confronti del notaio XXXXXX deve essere respinta, non ravvisandosi nella condotta serbata dal convenuto alcun profilo di negligenza o imperizia.
Resta conseguentemente assorbita la domanda di manleva proposta dal convenuto nei confronti della terza chiamata, la compagnia assicurativa XXXXXX.
Le spese di lite seguono la soccombenza sia nei rapporti tra l’attrice e il convenuto XXXXXX, sia in quelli, distinti, tra l’attrice e il convenuto XXXXXX e la terza chiamata in garanzia.
A tale ultimo proposito si rammenta che “in forza del principio di causazione – che, unitamente a quello di soccombenza, regola il riparto delle spese di lite – il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell’attore qualora la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall’attore stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che l’attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda”; ciò, d’altronde, si giustifica in quanto “nel momento in cui chi è oggetto di in jus vocatio plasma la sua concreta difesa, non è detto affatto che egli sia, o possa agevolmente essere, a conoscenza degli esiti della difesa stessa, i quali saranno, in verità, l’esito del giudizio. E se ciò vale rispetto alle difese dispiegate nello stesso rapporto in cui è stato citato (domande, eccezioni, mere difese), non può non valere anche per quelle attuate mediante l’innesto di un ulteriore rapporto processuale: questo infatti costituisce difesa, pur se esterna rispetto al rapporto processuale principale, della sfera giuridica del soggetto convenuto da chi ha instaurato ab origine il processo, cioè ha adito la giurisdizione. E dunque, sussiste una causazione in radice, dovendosi pertanto porre a carico di chi l’ha posta in essere il rischio dell’esito delle difese della parte da lui convenuta” (così, da ultimo, Cass. civ., Sez. 3, ordinanza 6.12.2019, 31889).
La liquidazione delle spese si effettua, in dispositivo, applicando i parametri medi di cui al d.m. 55/2014 (aggiornato al d.m. 147/2022, applicabile ex art. 6 anche al presente procedimento), avendo riguardo allo scaglione corrispondente alle cause di valore indeterminato di media complessità, a tutte le fasi del giudizio per quanto riguarda le spese che XXXXXX dovrà rifondere all’attrice. Per il convenuto e la terza chiamata si farà applicazione dei minimi alla fase di trattazione e istruzione, tenuto conto che nessuna delle due parti, con le memorie 183 6 comma c.p.c., ha svolto attività difensiva ulteriore rispetto agli atti introduttivi o ha articolato prove costituende.
p.q.m.
Il Tribunale di Velletri, definitivamente pronunciando nella causa indicata in epigrafe, ogni contraria domanda, eccezione o deduzione disattesa o assorbita, così provvede:
- accoglie parzialmente la domanda proposta da XXXXXX nei confronti di XXXXXX e, per l’effetto, condanna quest’ultimo al pagamento nei confronti dell’attrice, a titolo di risarcimento del danno, della somma di € 45.525,55;
- rigetta le domande proposte da XXXXXX nei confronti di XXXXXX;
- condanna XXXXXX alla refusione delle spese processuali in favore di XXXXXX, che si liquidano in € 10.860,00 per compensi professionali, € 264,00 per esborsi, oltre al 15% di rimborso forfettario per spese generali, iva e c.p.a. come per legge;
- condanna XXXXXX alla refusione delle spese processuali in favore di XXXXX e di XXXXXX, liquidandole in € 8.891,00 ciascuno per compensi professionali, € 259,00 nei confronti di XXXXXX per esborsi, oltre al 15% di rimborso forfettario per spese generali, iva e c.p.a. come per legge;
Così deciso in Velletri in data 27 febbraio 2023
Il Giudice
dott.ssa Federica Ferreri