La sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del 22.01.2015 n. 1159 affronta nuovamente (in precedenza v. SS.UU ordinanza 3 maggio 2013 n. 10299) il tema del riparto di giurisdizione nel caso di responsabilità derivante da condotte illegittime poste in essere da dipendenti di una società (Ferrovie dello Stato Italiane s.p.a.), della cui natura si discute, tanto da indurre ad una prima riflessione anche sul diverso, ma contiguo, tema dell’autonomia  delle società in house su cui torneremo con altro intervento.
La pronuncia, invero, sembra essere in linea con alcune altre rese in questi anni in ordine alla sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, ma contraria a qualche altra decisione (ad esempio SS. UU. 25 novembre 2013 n. 26283) in cui veniva, per converso, asserita quella del giudice contabile in caso di violazioni commesse dai membri inseriti nell’organigramma gestionale delle società in house, alla luce del fatto che “gli stessi sono assoggettati a vincoli gerarchici della pubblica amministrazione e non possono essere qualificati come investiti di un munus privato inerente ad un rapporto di natura negoziale instaurato con la società.
E’ da ritenersi che essi siano personalmente legati alla stessa pubblica amministrazione da vero e proprio rapporto di servizio, non altrimenti di quel che accade per i dirigenti preposti ai servizi erogati direttamente dall’ente pubblico”; a ciò si aggiungeva: “è giocoforza concludere che la distinzione tra il patrimonio dell’ente e  quello  della  società  si  può   porre  in  termini  di  separazione patrimoniale ma non di distinta titolarità, dal che discende  come, in questo caso,  il danno eventualmente  inferto al patrimonio della società  dagli atti illegittimi degli amministratori … sia arrecato ad un patrimonio separato ma (pur sempre) riconducibile all’ente pubblico: è quindi un danno erariale, che giustifica l’attribuzione alla Corte dei Conti della giurisdizione sulla relativa azione di responsabilità”. In sostanza, secondo la pronuncia del 2013, si tratterebbe di un danno erariale che giustifica la giurisdizione della Corte dei Conti, ai sensi dell’articolo 103 II comma Costituzione. In quella decisione, la Cassazione ha ribadito il principio della neutralità della forma giuridica utilizzata, affermando l’irrilevanza della natura privatistica della società a partecipazione pubblica e la predominanza, invece, del dato del perseguimento di finalità private e/o pubbliche per la scelta del regime giuridico concreto.
Il rapporto, cioè, intercorre tra il mezzo giuridico utilizzato e scopo da perseguire, con indubbia prevalenza del secondo elemento sul primo: in sintesi, non conterebbe il modello, privato o pubblico adottato, in cui si colloca la condotta produttiva del danno; ragionevolmente il dato essenziale che radicherebbe la giurisdizione del giudice contabile è (e dovrebbe) essere rappresentato solo dall’evento dannoso verificatosi a carico della pubblica amministrazione.
Al contrario, nella sentenza in commento che dà origine a queste riflessioni, la Suprema Corte si interroga sui rapporti tra la configurazione attuale di società di diritto privato propria del Gruppo ed il regime effettivo applicabile anche in relazione alla giurisdizione.
Ci si chiede, insomma, se i mutamenti della natura delle Ferrovie s.p.a. da ente pubblico economico a società privata e della formula organizzativa corrispondente a quella azionaria abbiano intaccato effettivamente gli essenziali connotati pubblicistici; a seguire la risposta, positiva, comporta l’attribuzione al giudice ordinario della controversia sulla responsabilità degli amministratori.
Sull’azione di risarcimento del danno subito da una società a partecipazione pubblica, per effetto di condotte illecite dei dipendenti, può conoscere solo quest’ultimo, in quanto la sua autonomia patrimoniale esclude ogni rapporto di servizio tra agente ed ente pubblico danneggiato e impedisce di configurare come erariali le perdite che restano esclusivamente della società, regolata come ogni altro soggetto di diritto privato.
Infatti Ferrovie dello Stato S.p.A. svolge un’attività economica e commerciale in regime di mercato libero e la sua veste giuridica non rappresenta un mero schermo di copertura di una struttura amministrativa pubblica.
Ma tale decisione non convince appieno, in quanto riconosce profili di autonomia patrimoniale in capo a tali di tipi di società, che in tale modo sarebbero utilizzate anche con finalità elusive delle ragioni dei creditori ed in contrasto con quanto affermato anche dalla Corte Costituzionale (sentenza n.229/2013) quando, in una simile ma non identica materia, ha definito le società in house quale longa manus della pubblica amministrazione.  Alla luce di ciò il più dovrebbe contenere il meno.
La   fattispecie   concreta    prende   le  mosse   dal   fatto   che   il Procuratore Regionale presso la Sezione Giurisdizionale Regionale della Corte dei Conti per la Regione Lazio convenne in un giudizio di responsabilità dei soggetti in qualità di componenti pro tempore del C.d.A del Gruppo Ferrovie dello Stato s.p.a., per avere gli stessi causato un danno patrimoniale costituito dall’indebita attribuzione ad un soggetto di considerevoli emolumenti a titolo di trattamento liquidatorio (TFR).
Durante il giudizio il danno fu provato sia nell’an che nel quantum e in sede probatoria fu ravvisata la sussistenza del nesso eziologico con la condotta posta in essere dai soggetti citati, tanto che la sezione della Corte dei Conti competente ha condannato i convenuti a titolo di responsabilità amministrativa contabile.
In sede di impugnazione, la Sezione Giurisdizionale Centrale in via pregiudiziale ha rilevato il difetto di giurisdizione del giudice contabile affermando per converso quella del giudice ordinario.
Il contrasto successivamente è stato rimesso alle Sezioni Unite, a seguito del ricorso da parte del Procuratore Generale presso la Corte dei Conti, a cui hanno resistito i soggetti dichiarati responsabili in primo grado.
La Suprema Corte, sulla base di una sentenza forse in qualche punto contraddittoria, passa in rassegna le varie argomentazioni che hanno determinato in parte la dismissione della partecipazione pubblica della Holding Ferrovie dello Stato, tra cui i principi della libera concorrenza in ambito comunitari
In particolare il processo  di  privatizzazione avviato  a  partire dal 2000 ha “risentito dell’adeguamento della normativa nazionale al principio sovranazionale secondo il quale anche l’attività di trasporto deve svolgersi nel rispetto dei principi scolpiti nel Trattato CEE in tema di concorrenza e libera prestazione di servizi”.
Secondo un passaggio della citata sentenza, molto ragionevole, l’input sotteso ad un processo di riorganizzazione- societarizzazione ha come principi ispiratori la libertà di accesso al mercato dei trasporti di merci e di passeggeri da parte di associazioni imprenditoriali sia nazionali che internazionali in conformità dei principi di equità, trasparenza e non discriminazione, al fine di garantire un pieno ed effettivo sviluppo della concorrenza anche in questo ramo dei servizi pubblici.
Ma quello che può lasciare perplessi, senza nessuna pretesa di esaustività, è il riferimento ad altri Enti indicati per giustificarne la natura effettiva di “pubblici” indipendentemente da quella formale societaria, con la conseguente giurisdizione del giudice contabile [il riferimento è a Rai Radio Televisione Italiana s.p.a.,  (cfr. S.U. n. 27092/2009),  all’Enav spa (S.U. ord. 3.3.2010 n. 5032) ed all’Anas spa (S.U. 9.7.2014 n. 15594).
Ma proprio questo discorso – pur dovendosi riconoscere la diversa tipologia di attività – andrebbe approfondito, e apre il varco a spiragli di profonda incertezza, considerato che anche nel mondo del diritto a volte le certezze vacillano; se è vero che in tema di trasporti  ci muoviamo nell’ambito dei servizi locali di interesse generale, se è vero che il trasporto su rete nazionale e locale è gestito  quasi in condizioni di monopolio da Trenitalia spa
(stante la concorrenza non ancora effettiva del gruppo NTV), è vero anche che l’Holding  è licenziataria dei servizi di trasporto ferroviario ed inoltre è tenuta all’osservanza di procedure ad evidenza pubblica nell’affidamento degli appalti.
Ancora, la Suprema Corte sostiene dapprima che il Gruppo, non ha rapporti di servizio pubblico con lo Stato, per poi riconoscere che riceve comunque erogazioni, risorse e compensazioni pubbliche; unicamente per perseguire finalità di interesse generale connesse ad investimenti e servizi all’utenza collettiva.
Tutte queste argomentazioni, forse, appaiono in qualche modo poco lineari e tali da corroborare l’idea della permanenza, nel caso, della giurisdizione contabile.
Le conclusioni a cui perviene la Suprema Corte, comunque ragionevoli in tema di riparto di giurisdizione, sono in linea con quanto affermato più volte (come si dirà subito) dalle Sezioni Unite: “sull’azione di risarcimento del danno subito da una società a partecipazione pubblica per effetto di condotte illecite dei dipendenti può conoscere il solo giudice ordinario,  in quanto la sua autonomia patrimoniale esclude ogni rapporto di servizio tra agente ed ente pubblico danneggiato e impedisce di configurare come erariali le perdite che restano esclusivamente della società, che è regolata nel caso come ogni altro soggetto sovrapersonale di diritto privato” (fra le varie  S.U. ord. 7.1.2014 n. 71; S.U. 25.3. 2013 n. 7374; S.U. 22.12.2011 n. 23829).
Come si è detto, all’esito dell’esame della questione il ricorso è stato rigettato e viene dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.
In sostanza l’impostazione si fonda sulla natura dell’effettiva attività economica e commerciale del gruppo Trenitalia s.p.a. operante in regime di mercato libero, e la sua veste giuridica di società per azioni è reale e “non rappresenta un mero schermo di copertura di una struttura amministrativa pubblica”.
Invece, sembrerebbe più ragionevole sostenere il contrario, ossia che la mera adozione di una veste societaria nella forma della s.p.a. non abbia inciso sulla reale natura del soggetto Trenitalia che non diviene per ciò solo di diritto privato; anzi ragionevolmente la sua natura di ente dagli essenziali connotati pubblicistici resta chiara. La forma non può prevalere sulla sostanza tanto da giustificare un’assimilazione totale ad una società di diritto privato del Gruppo.
Per mera completezza di argomentazioni, sarebbe opportuno anche contemperare gli interessi pubblici con quelli privati, pertanto le istanze di liberalizzazione del mercato e di tutela effettiva della concorrenza di cui si discute non possono avere una valenza potiore rispetto a quelle dell’affidamento dei terzi e di garanzia delle ragioni creditorie indipendentemente dalla qualificazione di ente di diritto pubblico e/o privato.
Le motivazioni, ad avviso di chi scrive, sono in realtà contenute proprio nel testo della sentenza che si commenta e si fondano essenzialmente sulla natura di servizio di pubblica utilità proprio del trasporto di merci e di passeggeri, sul fatto che nel bilancio di Trenitalia s.p.a. sono contabilizzati separatamente i ricavi a fronte di servizi “a mercato”svolti con i principi di concorrenzialità, e senza nessuna forma di contribuzione statale diretta o indiretta,  da quelli di servizi “ universali”  che vedono come cliente lo Stato.
Ancora, il rapporto annuale di riferimento per il caso in esame è quello del 2009, e questo dato è rilevante in quanto anche in quel periodo temporale la Corte dei Conti è stata obbligata ad effettuare un controllo sulle spese e oneri di Trenitalia s.p.a. con redazione di apposita relazione. Proprio tale controllo giustificherebbe sia la natura sostanziale di ente pubblico che la giurisdizione della Corte dei Conti sulle azioni di risarcimento del danno cagionato dai componenti del consiglio e/o dai dipendenti.
Sarebbe opportuno pertanto auspicare un ripensamento da parte della Suprema Corte, al fine di fare chiarezza su queste tematiche delle società pubbliche e su quelle connesse alle società in house ove pure, sotto altri profili, si pone un serio problema di effettiva autonomia/separazione patrimoniale.
In alternativa si spera, de iure condendo, in una positiva, compiuta e specifica regolamentazione di tali enti alla luce delle recenti innovazioni intervenute anche in ambito europeo.
Si ricordi che proprio questa materia è stata di recente modificata a livello comunitario con l’avvento di tre recenti Direttive che codificano per la prima volta il sistema; si tratta delle Direttive n.2014/23 e n.2014/24 in materia di appalti pubblici che abrogano le previgenti 2004/17 e 2004/18 e della n. 2014/25 che regolamenta in modo separato i contratti di concessione; pubblicate sulla G.U. dell’Unione, in vigore dal 17/04/2014, ed il cui recepimento dovrà avvenire entro il 18/04/2016.

Avv. Maria Giliberti