• PREMESSA

La Legge 11 febbraio 2019, n. 12 – G.U. 12 febbraio 2019, n. 36 di conversione del decreto semplificazioni (D.L. 14 dicembre 2018, n. 135) ha previsto lievi modifiche al codice di procedura civile in tema di esecuzioni – nella particolare forma del pignoramento immobiliare – tese alla maggior tutela dell’esecutato. L’intenzione protezionista del legislatore, inizialmente diretta a quei debitori che vantavano crediti nei confronti della P.A., con la legge di conversione è venuta meno. Infatti, la figura di coloro che non riescono a far fronte ai propri debiti a causa dell’inadempimento della P.A. è rimasta soltanto nella rubrica dell’art. 4 del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135.

  • LA MODIFICA LEGISLATIVA

Prima di passare in rassegna le modifiche è necessario premettere che le “poche” nuove disposizioni si applicano ai pignoramenti perfezionatisi successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione, ossia dal 13 febbraio 2019.

Il D.L. In tema di “conversione del pignoramento” – all’art. 495 c.p.c., prevedeva:

  1. la riduzione della somma per essere ammessi alla conversione. Infatti il debitore unitamente all’istanza deve depositare una somma non inferiore a un sesto (prima un quinto) dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento;
  2. l’aumento della rateizzazione da trentasei a quarantotto mesi;
  3. che l’esecutato decada dal beneficio del termine qualora ritardi il pagamento anche di una sola rata di giorni trenta (prima quindici)

In tema di custodia aveva così modificato l’art. 560 c.p.c.: Per i soli esecutati che vantano crediti nei confronti della P.A. per un ammontare complessivo pari o superiore all’importo dei crediti vantati dal creditore procedente e dai creditori intervenuti, il G.E. nell’emettere il decreto di trasferimento dispone il rilascio dell’immobile pignorato per una data compresa tra il sessantesimo e novantesimo giorno successivo a quello della pronuncia del medesimo decreto. Della sussistenza delle condizioni di cui al terzo periodo è fatta menzione nell’avviso di vendita di cui all’articolo 570 c.p.c.

Infine, con riferimento alla precisazione del credito di cui all’art. 569 c.p.c. il governo aveva aggiunto un periodo al terzo comma stabilendo che, salvo quanto disposto dagli articoli 565 e 566, non oltre trenta giorni prima dell’udienza, il creditore pignorante e i creditori già intervenuti ai sensi dell’articolo 499 depositano un atto, sottoscritto personalmente dal creditore e previamente notificato al debitore esecutato, nel quale è indicato l’ammontare del residuo credito per cui si procede, comprensivo degli interessi maturati, del criterio di calcolo di quelli in corso di maturazione e delle spese sostenute fino all’udienza. In difetto, agli effetti della liquidazione della somma di cui al primo comma dell’articolo 495, il credito resta definitivamente fissato nell’importo indicato nell’atto di precetto o di intervento, maggiorato dei soli interessi al tasso legale e delle spese successive.

Ad avviso del sottoscritto, la legge di conversione rappresenta una retromarcia rispetto alle intenzioni del governo che, come abbiamo evidenziato, avrebbe voluto concedere maggior respiro agli esecutati, a loro volta creditori della P.A., mediante la previsione di un maggior periodo di rateizzazione in caso di istanza di conversione del pignoramento.

Il legislatore si è reso conto che la previsione sarebbe rimasta lettera morta se non fossero state contestualmente emanate le misure per il rientro del debito della P.A.

Con l’unico effetto di trasferire sui creditori – pignoratizio e intervenuti – la dilazione del termine concessa all’esecutato senza alcuna garanzia per quest’ultimo di salvare l’immobile dalla vendita all’asta.

In conclusione, con la riforma in parola si è semplicemente attuata una misura di maggior favore per gli esecutati essendo stato modificato solo l’art. 560 c.p.c.

Nella nuova formulazione è previsto che il debitore e i familiari conviventi non perdano il possesso dell’immobile sino al decreto di trasferimento salvo che il custode evidenzi al giudice particolari situazioni. In questo modo viene meno la prassi invalsa in diversi Tribunali di ordinare la liberazione all’udienza che dispone la vendita.